Alla scoperta dei mercati emergenti - Parte II

22 Marzo 2024 _ News

Alla scoperta dei mercati emergenti - Parte II
L’America Latina

 

Per quanto non paragonabili in termini di prodotto interno lordo ai mercati emergenti asiatici, anche i Paesi dell’America Latina e Centrale hanno un ruolo da non sottovalutare nel panorama economico globale. Brasile e Messico figurano tra le prime 20 economie mondiali in termini di PIL, e nel 2023, nonostante il fardello Cile (-0,5%) e Argentina (-2,5%), l’area sudamericana è cresciuta in termini reali dell’1,6%, più dell’Europa (+1%) e delle economie avanzate (+1,5%). 

Ad ogni modo, ciò che rende meno appetibile investire in quest’area è quella che appare come una perenne e intrinseca instabilità politica. Sono molteplici i paesi tra l’America Centrale e il Sud America che vivono situazioni di politica interna particolarmente tese. Negli ultimi mesi, sono passati alla cronaca il tentato golpe dei narcotrafficanti in Ecuador, l’annuncio delle dimissioni da parte del primo ministro di Haiti di fronte a un paese sopraffatto dalla violenza delle gang, il disastro dell’economia venezuelana, dove quasi il 52% della popolazione vive in condizioni di povertà estrema, e l’iperinflazione argentina causata da politiche di governo scellerate. Ci sono, però, alcuni Paesi che possono celare opportunità interessanti. 

Cresciuto del 3% nel 2023, il Brasile rappresenta la prima economia dell’area. Il 2023 è stato per il Brasile un anno di ripresa economica, coincisa con un rallentamento dell’inflazione che ha permesso alla banca centrale di espandere la politica monetaria con quattro tagli consecutivi dei tassi, passando dal 13,75% all’11,75%.

Inoltre, secondo un rapporto dell’OECD, ci si attende che la crescita rimanga sostenuta nei prossimi tre anni grazie a un aumento degli export di prodotti agricoli e dei consumi privati, sospinti dalla creazione di nuovi posti di lavoro. In questo ambiente economico si inquadra il generale aumento degli utili da parte delle principali aziende brasiliane quotate alla Borsa di San Paolo, in un quadro complessivo che mantiene comunque valutazioni molto scontate con un p/e di quasi il 30% sotto la media storica. Sono presenti opportunità interessanti anche nel mercato obbligazionario, che offre ottimi rendimenti. I tassi di mercato si trovano tra il 10 e l’11% per i titoli a breve termine e per quelli con scadenza tra i 5 e i 10 anni, mentre per i titoli a media scadenza il rendimento scende attorno al 9%. In più, il rischio cambio appare relativamente basso rispetto al passato, considerando che il Real brasiliano ha avuto un’oscillazione inferiore al 5% nell’ultimo anno.

Un discorso molto simile può essere applicato al Messico, la cui economia è cresciuta del 3,2% nel 2023. Anche qui le valutazioni del principale indice azionario, il Mexbol, appaiono scontate (p/e del 13% sotto la media storica). Per quanto riguardo il mercato obbligazionario, la curva dei rendimenti delle obbligazioni governative messicane è anch’essa invertita, anche se nel range 3 mesi-10 anni, con un rendimento vicino all’11,5% per le scadenze brevi e attorno al 9,5% per le scadenze più lunghe. Come per il Brasile, anche per il Messico la valuta appare più solida rispetto al passato, ma rimane una componente di rischio da considerare.
Per riuscire a interpretare meglio questa sfilza di numeri, proviamo ad ampliare lo sguardo a favore di una visione più generale delle prospettive economiche del Messico.
Il Messico sembra essere uno dei paesi meglio posizionati per trarre vantaggio economico dai cambiamenti geopolitici. Il motivo è la vicinanza agli Stati Uniti e alla possibilità di quello che gli esperti di strategia competitiva chiamerebbero “nearshoring” (definito come il ricollocamento da parte delle attività di un’impresa in un paese vicino alla casa madre). Questo cambiamento, che sta avvenendo principalmente a causa delle tensioni commerciali con la Cina e all’instabilità geopolitica generale, ha reso il Messico il più grande partner commerciale degli States, portando ad un significativo rafforzamento del peso messicano.
Ciò che preoccupa maggiormente gli investitori, però, è ancora una volta la politica.
Il governo della vecchia scuola di sinistra di Lopez Obrador non ha formulato una strategia globale per attrarre o dirigere gli investimenti, mentre rimane ancora irrisolta la questione sicurezza, con i gruppi criminali che hanno aumentato il numero di estorsioni e violenze e il controllo sui governi locali.
Nel frattempo le elezioni più grandi della storia del paese sono alle porte, in cui i cittadini saranno chiamati a scegliere un nuovo presidente, entrambe le Camere del Congresso, otto governatori e migliaia di rappresentanti locali, e le tensioni diventano sempre crescenti. Secondo i dati dell’ONG Laboratorio elettorale, negli ultimi mesi sono stati registrati 19 omicidi politici perpetrati da gruppi criminali, frammentati in organizzazioni sempre più piccole, che cercano di eliminare i candidati che non possono controllare.

Parlando di America Latina non possiamo non spendere due parole sull’Argentina di Javier Milei. La questione fondamentale è: riuscirà la ricetta “disperata” dell’ultraliberista a risollevare un paese che dagli anni 80 ad oggi ha vissuto ben 5 default?
In questo momento, l’economia argentina versa in condizioni disastrose. Le stime dell’OCSE per l’inflazione nel 2024 superano il 250%, mentre il presidente argentino ha portato la valutazione della moneta da 365 a 800 pesos per dollaro, in modo da ridurre il divario tra prezzo ufficiale e non ufficiale del dollaro (che ora si attesta a circa il 20%). La moneta debole, l’economia in recessione (il PIL è calato del 2,5% nel 2023) e l’aumento astronomico dei prezzi ha portato ad un ulteriore aumento della povertà, che supera ora il 50% della popolazione.


La confusione regna sovrana, in un contesto economico disastroso dove non esistono soluzioni ordinarie e ogni decisione, piuttosto, appare disperata e straordinaria. Di recente, per esempio, nonostante l’inflazione sia ancora galoppante, il dato relativamente incoraggiante del tasso di inflazione di febbraio (13,2% contro il 15% atteso), ha spinto la banca centrale a tagliare i tassi dal 100% all’80%, probabilmente nel tentativo di ridurre in termini reali le passività del Banco Central.

L’obiettivo rimane quello di raggiungere il deficit zero già nel 2024, aumentando le tasse e diminuendo la spesa. Tuttavia, l’ambizioso programma ha iniziato a incontrare i primi ostacoli, con il Senato argentino che ha bloccato l’ampio decreto di emergenza per deregolamentare l’economia presentato dal presidente.
Dunque, considerando che la coalizione “La Libertad Avanza” guidata da Milei controlla soltanto 7 dei 70 seggi del Senato (contro il 45% controllato dall’opposizione peronista), la sua impresa assume contorni sempre più titanici.

Guardiamo con attenzione l’America Latina, seppur limitandoci al Brasile come potenziale area di intervento in campo azionario.

 

 

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